La vita di chi resta
“Quando torni io non ci sarò già più.” Sono le ultime parole di S. a Matteo, pronunciate al telefono in un giorno d’autunno del 1998. Sembra una comunicazione di servizio, invece è un addio. S. sta finendo di portare via le sue cose dall’appartamento di Matteo dopo la fine della loro storia d’amore. Quel giorno Matteo torna a casa, la casa in cui hanno vissuto insieme per sette anni, e scopre che S. si è tolto la vita. Mentre chiama inutilmente aiuto, capisce che sta vivendo gli istanti più dolorosi della sua intera esistenza. Da quegli istanti sono passati quasi venticinque anni, durante i quali Matteo B. Bianchi non ha mai smesso di plasmare nella sua testa queste pagine di lancinante bellezza. Nei mesi che seguono la morte di S., Matteo scopre che quelli come lui, parenti o compagni di suicidi, vengono definiti sopravvissuti. Ed è così che si sente: protagonista di un evento raro, di un dolore perversamente speciale. Rabbia, rimpianto, senso di colpa, smarrimento: il suo dolore è un labirinto, una ricerca continua di risposte – perché l’ha fatto? -, di un ordine, o anche solo di un’ora di tregua. Per placarsi tenta di tutto: incontra psichiatri, pranoterapeuti, persino una sensitiva. E intanto, come fa da quando è bambino, cerca conforto nei libri e nella musica. Ma non c’è niente che parli di lui, nessuno che possa comprenderlo.Lentamente, inizia a ripercorrere la sua storia con S. – un amore nato quasi per sfida, tra due uomini diversi in tutto -, a fermare sulla pagina ricordi e sentimenti, senza pudore. Ecco perché oggi pubblica La vita di chi resta (Mondadori, 2023), perché allora avrebbe avuto bisogno di leggere un libro così, sulla vita di chi resta. Questo libro è un dono di straordinaria gravità, eppure ognuna di queste pagine contiene un germe di futuro, la testimonianza di come, persino nelle pieghe di un dolore indicibile, la scrittura possa ancora salvare.
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- SASSARI
- Una Costituente per Sassari
- Giovedì 23 novembre
- 15.30
- Filippo Dettori
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